Chiara Guidi

Presentazione della mostra personale "Forma bianca", galleria Attia Bousbaa, Parigi 1996

Se lo spazio comincia e si definisce con dei segni tracciati sulla pagina bianca, così come accade per gli autori portolani, per certi scrittori, per taluni artisti e per Traina, dobbiamo subito iniziare a leggere e a ritrovare i nuovi spazi bianchi definiti stavolta sulla carta della scultura. La carta bianca è percorsa non dalle mani dello scrittore ma dalle mani dello scultore che, con mezzi diversi, ugualmente però cerca di trattenere solchi, tracce, memorie. Dalla memoria come architetto che edifica il nostro vissuto, nella tenace operazione di sottrazione alla dimenticanza, tratteniamo presenze impercettibili del vissuto che nella visibile ragnatela del vivere non possiamo mostrare. Così nei falsi movimenti della calamita, nella specifica possibilità di attrarre e bloccare un corpo, c'è la chance di fermare nel ferreo telaio, porzioni di spazi, specie di spazi come intervalli di tempo. Un tempo trascorso ora ripercorribile nelle finestre del lavoro, cose trasparenti ma visibili sull'ossatura metallica della scultura. Pongo un' AVVERTENZA, che prendo a prestito da Vladimir Nabokov. "I principianti devono imparare a sfiorare soltanto la superficie della materia se vogliono che essa resti all'esatto livello del momento. Cose trasparenti, attraverso le quali balena il passato!"

La Carta della scultura

Dal catalogo per le mostre personali alle gallerie Maria Cilena, Milano 1997 – Plurima, Udine 1998 

Lo spazio è ciò che viene messo in discussione. Lo spazio non è più misurabile nella sua estensione di larghezza, lunghezza, altezza, ma è misurabile nell’ estensione della sua forma che è la costruzione. Uno spazio costruito attraverso gli strappi. Gli strappi si ricompongono precariamente con piccole calamite o restano cuciti da punti metallici, o attraverso una acquarellata soluzione di colore. Gli strappi sono lo spazio stesso della scultura. Alessandro Traina risponde così alla scultura con lavori che corrispondono sempre alla affermazione di un equilibrio, elaborato con una sintesi del gesto, difficilmente avuto ma nella presunta instabilità conquistato per sempre. Il materiale è letterariamente: carta. Una carta bianca, altre volte è stata una pellicola trasparente o un cartoncino seppiato, che ha sempre risposto a un appello di una neutralità che resta un parametro con cui lavorare alla scultura. Anche quando la scultura era vetro aveva la letterarietà della carta e su certi equilibri si balenava un ‘idea di tempo, un tempo del passato, del vissuto, che è proprio della materia lavorata sulla superficie; parlo di letterarietà perchè posso stabilire una relazione diretta fra lo strappare e lo scrivere soprattutto se prendo la definizione preziosa di Georges Perec, Scrivere: cercare meticolosamente di trattenere qualcosa, di far sopravvivere qualcosa: strappare qualche precisa briciola al vuoto che si scava, lasciare da qualche parte un solco, una traccia, un marchio o qualche segno. Forme regolari geometriche che si solidificano nella linea. La linea è quella disegnata o la linea è quella che è trattenuta dagli stessi contorni, contorni che delineano lo spazio “scolpito”, ovvero è lo spazio del tempo. Forme irregolari, geometrie non euclidee che si solidificano nella linea. La linea è quella disegnata, la linea resta quella trattenuta dai propri contorni; i contorni sono lo spazio stesso della scultura. Come pagine di un libro possono i pezzi apparirci tutti uguali, ma proprio come le pagine di un libro hanno la loro assoluta diversità, una diversità incomparabile, e non certo per le misure variabili. Traina autore di sculture, autore di libri: sculture immobili, pagine in libertà. Un museo come una biblioteca. La carta trova la sua impressione tipografica nella calamita; così la calamita orienta lo spazio, lo incide, lo trattiene. La calamita magnetizza il luogo della scultura e non concede altre modificazioni. I movimenti, le variazioni, gli equilibri, sono coefficienti che coordinano ogni lavoro, ma in ogni lavoro trovano un’ applicazione evidente, una semplice possibilità che si trasforma però nell’ unica realtà possibile. Ogni volta, in ogni scultura ci sono tutte le possibilità, ma ogni volta, in ogni lavoro, esiste solo una possibilità che è quella della sua realizzazione, ed è quella che noi vediamo. Alessandro Traina sempre con le parole di Perec sembra che ci dica, avvertendoci: “Lo spazio è un dubbio: devo continuamente individuarlo, designarlo. Non è mai mio, ma mi viene dato, devo conquistarlo.”

  

Paper of the Sculpture

 Space is what is matters. Space is no longer quantifiable in its classical extensions of width, length, and height but is measurable by the extent of its proportions which are defined through its construction. A space evoked and created through rips. The rips are reassembled precariously with small magnets or are sewn on with metal tacks, or held by strokes of watercoloured solution. The rips are the sculptures as the "space" defined by them. Alessandro Traina reacts to sculpture with works that correspond to an affirmation of equilibrium, elaborated through the synthesis of his craft, obtained at great expense, yet in its presumed instability: conquered forever. The material used is "literarily": paper. White paper, and sometimes a transparent film or sepia tinted cardboard, materials which have always echoed the concept of neutrality which remains as a basic parameter for sculpting. Even when the artist's work was executed in glass it contained the "literariness" of paper and in certain balanced moments there flickered the "concept of time", a time long past of experience of percieved events particular and personal to the material and the work etched on its surface. I speak of "literariness" because I can establish a direct relation between the act of writing and that of tearing; as Geoge Perec so preciously defined To write: to try meticolously to preserve something, to allow something to survive: grasp some precious crumb fro the emptiness one cleaves, to leave a trace somewhere, a furrow, a track or some sort of sign. Regular geometric forms that collate in a line. The line may be drawn or the line may be that which is restrained by its own contours that delineate the "sculpted" space: in other words it's the space of time". Irregular forms, not Euclidean geometry that collate in a line. Whether the line is drawn, the line remains that which is contained within its own contours and become the sculptures "space". Like the pages of a book each piece may seem the same as the other, but thy are diverse as each peage of a book is unoque in the distinction of its contents, each sculpture is absolutely different and certainly non because of the varibles in its dimension. Traina "author" of sculptures, author of books, immoble sculptures and liberated free pages. A museum like a library. The paper finds its typographical imprint in the use of magnets; a magnet that delineates and orients space: chisels it and restrains it. The magnet magnetizes the "space" of the sculpture and allows no modifications. The movements, the variation, the balances, are coefficients that coordinate each work, but in each cration through an obvious application determines a simple possibility which becomes the only possible "reality". Each time, in each sculpure, the possibilities are infinite, but each time, in each work, there is one final possibility; the one that is created: the one we see. Alessandro Traina, using Perec's own words seems to tell us and to warn us: "Space is a quandary, I must locate it, designate it. It is never mine; it is given to me and I must conquer it".