Annamaria Maggi

Il  minimalismo magnetico di Alessandro Traina

Da Titolo N° 36 - 2001

 I lavori recenti di Alessandro Traina vertono sull’utilizzo di pochi elementi primari: la carta ed il ferro, materiali apparentemente incompatibili e contrastanti, ma che si accordano perfettamente nel risultato finale. Un terzo materiale fa da legante: la calamita. Due materiali molto diversi, dunque, ed un legante, uniti secondo un preciso abbinamento che determina effetti a scansioni ritmiche. La ricerca di equilibrio tra gli elementi è una delle caratteristiche che maggiormente caratterizzano l’artista. La calamita è una presenza forte, molto visibile, spesso lega due o più pezzi di carta opportunamente strappati. Gli strappi della carta ricuciti non si lamentano. Il movimento è dato dal ferro ripiegato su se stesso e dalla carta che segue tale movimento. La carta acquisisce, richiudendosi, consistenza oggettuale e propone anche un effetto di tensione. Il ferro è lo scheletro degli oggetti/scultura.  Queste “cartferrocalamita” Alessandro Traina le realizza dal 1993, non hanno quasi mai titolo, talvolta sono Forma bianca o Pezzi , ma denunciano l’importanza della forma acquisita, e acquisibile, dall’oggetto e l’interesse che manifesta nel voler stabilire una relazione attiva con lo spazio. L’opera così costruita, sia essa da parete o scultura, ha un notevole impatto spaziale, accede ed eccede in esso bruscamente, ponendosi in relazione tramite i contrasti che porta di forme, colori e materiali: la carta è corposa, il ferro è scuro come la calamita, entrambi lisci, ma mentre il ferro assume forme sinuose, la calamita ha una forma geometrica anche se non tagliente. L’idea di mutabilità si percepisce attraverso le caratteristiche dei materiali, ma anche attraverso i modi del loro assemblaggio. I piccoli pezzi di ferrite rettangolari propongono precarietà ed equilibrio allo stesso tempo, disorientamento, forza e impatto. Tali assemblamenti sembra non risultino soggetti alla legge di gravità. Il disegno è astratto e insieme informale. Il pensiero non comanda lo strappo della carta, ma lo declina al caso, mentre la calamita e il ferro hanno una forma, uno spessore e un peso scelti, strutturati ed impaginati, rispondenti ad una progettazione che ne determina il risultato. L’insieme è una mappa variegata di colture (terre coltivate) ed “incolture”, di ragione e passione, di spazi, di forme, e di forze. Una topologia di sintesi, una topologia minima. La passione per i contrasti tra i materiali Alessandro Traina l’ha sempre manifestata. L’effetto della carta abbinata al ferro ha in passato preso corpo nell’utilizzo di una pellicola trasparente come nelle opere Dentro del 1993 e Finestra del 1994, dove risulta determinante la presenza di un grande foglio di cellophane che, tramite piccole calamite, avvolge e dà plasticità all’oggetto composto da una struttura geometrica tridimensionale di ferro. Anche il segno, non gesto, ma scrittura, piuttosto graffio, ricorre spesso nel  suo lavoro; è uno strappo, oppure si percepisce da una tramatura della carta, da un frottage, o da un insieme di tanti piccoli pezzi di acetato accostati e sovrapposti, strutturati in un’intelaiatura di ferro come in Quasi trasparente del 1993. Tutto il lavoro di Alessandro Traina fa riferimento ai temi del movimento e del tempo. Nelle opere degli ultimi anni ‘80, primi ‘90, quelle composte da tubi tubi di ferro saldati in modo che la figura risultante assumesse una forma continua e chiusa su se stessa, il senso del moto che la struttura ha viene potenzialmente bloccato da alcune fasce metalliche ad uso di cinghie. Il magnetismo, che oggi rileviamo nell’uso della calamita, anche qui è presente. Esso non è più intrinseco ad un elemento della composizione, ma risulta dalla forma continua e rinchiusa su se stessa per la quale questi oggetti si distinguono.